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Akragas, tra paradossi e voglia di riscatto

Akragas, tra paradossi e voglia di riscatto


La squadra biancazzurra è costretta a giocare lontano da Agrigento. Così i giovani si allontanano dal calcio. L'editoriale di Mauro Indelicato.

Il paradosso di un capoluogo di provincia che ha una squadra in Serie C ma che è impossibilitato ad ospitare il calcio professionistico; si riassume con questo paradigma la situazione che si sta vivendo in queste settimane ad Agrigento, almeno sul fronte calcistico e sportivo.

L’Akragas è costretta a giocare lontano dalla città dei templi, lontano dai propri tifosi e dal suo territorio; una distanza, quella che separa i biancazzurri dal proprio ambiente, che non è soltanto fisica ma anche radicata nell’animo sportivo di una città costretta a vedere i propri giocatori soltanto in televisione.

Non è una bella aria quella che tira attorno l’ambiente calcistico agrigentino; non giocare all’Esseneto non vuol dire solo materialmente tenere chiusa la domenica una struttura solitamente punto di riferimento non solo per gli appassionati ma anche per tutta Agrigento: quei catenacci che durante le gare casalinghe dell’Akragas rimangono sigillati indicano pure l’allontanamento forzato dei giovani dal calcio biancazzurro, il disinteresse di una città che dal viale della Vittoria così come dai quartieri più alti è abituata da decenni a riconoscere i boati del pubblico che con il loro eco risalgono su per il colle di Girgenti ed annunciano anche a chi non è allo stadio le reti siglate dai ‘Giganti’.

Il punto è che, tra alti e bassi, tra categorie che contano e campionati passati a mangiare la polvere dei campetti provinciali, il rapporto tra Agrigento e l’Akragas è viscerale: non c’è agrigentino che non conosca i colori biancazzurri, non c’è tifoso che non sia andato almeno una volta all’Esseneto, da 65 anni a questa parte la squadra con lo stemma dei Giganti ha sempre rappresentato non solo il calcio cittadino ma l’intera città. E’ un dolore profondo non vedere l’Akragas ad Agrigento, ma è anche un danno materiale importante alla società: lo si è visto sabato a Siracusa, lì dove ogni azione non era seguita da applausi ma dall’eco degli allenatori in panchina.

Come anche affermato da Di Napoli in conferenza stampa, un gruppo di giovani non può certamente giocare a lungo senza il supporto del pubblico; Agrigento non è la prima città costretta a vedere la propria squadra ‘in esilio’: è capitato negli anni passati anche nella massima serie, basti pensare al Catania nel 2007 per i noti tristi fatti del derby con il Palermo di quell’anno, così come al Cagliari tra il 2011 ed il 2012 costretto per diversi mesi a peregrinare tra Parma, Trieste ed altri campi molto lontani dal proprio territorio. In quei casi, a livello sportivo e societario le conseguenze sono state negative e ben visibili: entrambe le squadre infatti sono sì riuscite a salvarsi, ma soltanto perché nella prima parte di stagione avevano collezionato diversi punti mentre, dopo l’esilio, la situazione si era fatta molto pesante. Giocare per un’intera stagione fuori dal proprio stadio è un qualcosa che indubbiamente non può fare il bene dell’Akragas, costretta già a rimontare anche quei punti che molto probabilmente le verranno tolti per via delle note questioni societarie e legate all’iscrizione di luglio.

Lo ha anche detto senza mezzi termini il nuovo ds, Ernesto Russello: “La situazione non è più sostenibile e bisogna fare di tutto per tonrare a giocare ad Agrigento” ha affermato al Giornale di Sicilia; le frasi di Russello, che di certo può vantare l’esperienza e la conoscenza dell’ambiente biancazzurro, non sono certo pronunciate a caso e suonano come molto più di un campanello d’allarme e, al tempo stesso, di uno sprono da offrire alla città affinché nonostante tutto continui a seguire l’Akragas.

In questi giorni, le uniche novità sembrerebbero essere state offerte dalle visite in città di alcuni imprenditori e loro rappresentanti interessati all’acquisto di una parte del pacchetto azionario della società; non si sa nulla con precisione sulle trattative, ma qualcosa potrebbe muoversi e questo darebbe inevitabilmente una scossa all’ambiente ed una ventata di ossigeno ad un blasone che al momento vive mesi molto difficili.

Sul fronte meramente tecnico, fronte purtroppo da lasciare per ultimo quando si parla di Akragas, la squadra sembra esserci atleticamente e fisicamente: il pari di Lecce non è certo frutto del caso, la brutta prestazione contro la JuveStabia invece appare solo un incidente di percorso dovuto anche ed in parte al fatto di aver giocato sul neutro di Siracusa. In attesa di rivedere il Gigante nuovamente dentro il suo tempio, bisognerà soltanto stringere i denti: nel frattempo, la Agrigento sportiva non può fare altro che restare incollata agli schermi e tornare a chiedere, come verrà fatto tramite un corteo nei prossimi giorni, la risoluzione del problema stadio e la costruzione dell’impianto di illuminazione. 

Mauro Indelicato
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