Insulti antisemiti: 7 squalifiche in Serie A per razzismo | Club sconvolto

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Anna Frank (LaPresse) www.goalsicilia.it

Brutti episodi durante una partita del nostro campionato, presi duri provvedimenti.

Il razzismo e l’antisemitismo rappresentano ferite aperte nel mondo dello sport, in particolare nel calcio, dove episodi di discriminazione continuano a verificarsi con preoccupante regolarità. Gli stadi, che dovrebbero essere luoghi di inclusione e passione, sono spesso teatro di cori offensivi e insulti razzisti rivolti a giocatori, allenatori o tifosi. In molti casi, atleti di origine africana, asiatica o sudamericana sono bersaglio di attacchi che evocano stereotipi o pregiudizi, mostrando come il problema sia radicato e diffuso. L’impatto di queste azioni è devastante, minando non solo la dignità degli individui colpiti ma anche i valori fondamentali dello sport.

Un aspetto particolarmente inquietante è la ricorrenza di episodi di antisemitismo nel calcio. In alcune curve degli stadi italiani ed europei, simboli e cori antisemiti vengono usati come strumenti di provocazione, spesso in contesti di rivalità cittadine. Un esempio emblematico è l’uso del termine “ebreo” come insulto nei confronti di tifoserie avversarie, un comportamento che perpetua pregiudizi secolari. Questo tipo di discriminazione, pur meno visibile rispetto al razzismo, rivela la stessa ignoranza e intolleranza, alimentando tensioni che vanno ben oltre il campo da gioco.

Nonostante gli sforzi di federazioni sportive, club e ONG, le misure adottate contro il razzismo e l’antisemitismo si rivelano spesso insufficienti. Campagne di sensibilizzazione, come Kick It Out o No to Racism, e punizioni economiche per i club responsabili non sembrano bastare. Solo con una maggiore educazione nelle scuole e nelle famiglie, insieme a un’applicazione più rigorosa delle sanzioni, si potrà creare un cambiamento culturale reale e duraturo.

Il calcio dovrebbe ispirarsi ad altri sport, come la NBA, che ha mostrato maggiore fermezza contro la discriminazione. Giocatori e dirigenti sono spesso in prima linea nel condannare atti di razzismo, mentre la lega adotta una politica di tolleranza zero. Questo modello può servire da esempio per il calcio, che ha ancora molta strada da fare per diventare realmente inclusivo.

Cosa è successo

Gli episodi di razzismo, e anche di antisemitismo, nel nostro calcio purtroppo non sono rari ma la legge anche se lenta prima o poi prende provvedimenti. Durante un Lazio-Roma dello scorso marzo furono intonati cori antisemiti. Per questo 7 tifosi biancocelesti finiranno a processo.

Il concorso è tra questi 7 e altre persone non identificate, per avere istigato l’intero stadio Olimpico a commettere violenza intonando il coro “In sinagoga vai a pregare, ti faremo sempre scappare, romanista…” seguito da un’offesa.

Tifosi Lazio (LaPresse) www.goalsicilia.it

Istigazione a delinquere per motivi di stampo razziale

Secondo il pm i 7 ultras avrebbero commesso atti di grave discriminazione sia etnica che religiosa, con l’intonazione di un coro che in breve si è diffuso in altri settori dello stadio. Per questi motivi è arrivata la citazione diretta in giudizio.

Nel procedimento compaiono come parti offese l’Anpi e la Comunità ebraica di Roma. Il processo è stato fissato per il prossimo 7 aprile. Sarà il giudice a stabilire se c’è colpevolezza e in che termini.