Ricci: «Siracusa, non era un sogno ma un progetto. Ora vogliamo la Serie B»

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SIRACUSA – «Alcuni corpi affondano, altri salgono su. Dipende da ciò che li circonda».
Così Alessandro Ricci, presidente del Siracusa Calcio, descrive la promozione in Serie C della squadra aretusea, trasformando il principio di Archimede – orgoglio della sua nuova città adottiva – in una metafora calcistica perfetta: «Passione, organizzazione, ambizione e capacità manageriali: i fluidi giusti», racconta a Giorgio Marota del Corriere dello Sport, ancora con la voce segnata dai festeggiamenti e i capelli tinti d’azzurro.

«Non era un sogno, ma un progetto. Il sogno lo affidi al destino, noi abbiamo lavorato per raggiungere l’obiettivo. Ora vogliamo diventare campioni d’Italia della Serie D battendo le prime degli altri gironi. Io e il dg Guglielmino siamo ambiziosi. Ma lo dico adesso: quando non sarò più un valore aggiunto, mi farò da parte».
Dalla delusione alla rinascita: la scalata del Siracusa

Questa è una storia che nasce dalla cenere di tre fallimenti in trent’anni e rinasce dopo una sconfitta alla prima giornata, a Sambiase. Da lì in poi, una cavalcata esaltante: 31 partite, 65 gol fatti e appena 15 subiti.
Ricci non ha portato solo capitali, ma idee chiare e visione:
«Il doppio successo con la Reggina, il gioco spumeggiante di Turati, il record di vittorie casalinghe. Primi da ottobre, mai voltati indietro. Con un pubblico eccezionale».

Sul coinvolgimento di Walter Zenga come club manager, Ricci spiega a Marota:
«L’ho conosciuto in una trasmissione Sky. È scattata una scintilla. Ha avuto la sensibilità di accompagnarci senza interferenze tecniche. Le sue lacrime dopo la promozione non le dimenticherò: “Non mi sono emozionato così neanche quando ho vinto lo scudetto”, mi ha detto».
Una visione oltre il campo: il modello Atalanta

Imprenditore toscano attivo nel settore delle energie rinnovabili, Ricci è rimasto stregato da Siracusa durante una vacanza, decidendo di investire in un progetto che ora punta lontano:
«Nel 2022-23 una promozione, un playoff vinto e un campionato dominato. Avevo promesso il professionismo entro il 2026. Quest’anno avremmo potuto essere ripescati, ma non è stato possibile. Ora l’obiettivo è chiaro: entrare nella storia e provare a raggiungere la Serie B nel prossimo quinquennio».

Ma attenzione: la Serie C non perdona.
«Serve una riforma. Senza certezze normative, è difficile programmare. Non puoi arrivare a marzo e scoprire che il campionato è falsato perché una squadra si ritira. Da imprenditore, dico: servono regole certe».
Sud, orgoglio e futuro

Fare calcio nel Sud è complicato, lo sa bene:
«Ci sono problemi logistici, infrastrutturali, e mancano i grandi club a pochi chilometri come accade al Nord. Ma non scambierei nulla con quelle 10 mila persone che ci hanno accolto in città per la promozione. Quando siamo arrivati, allo stadio c’erano 200 spettatori. Oggi abbiamo restituito a Siracusa la sua squadra e l’orgoglio di tifarla».

Il futuro? È già in costruzione.
«Abbiamo una squadra femminile, stiamo sviluppando un vivaio e vogliamo un grande centro sportivo per l’academy. Il modello è l’Atalanta. Allestiremo anche un settore scouting qualificato».

E su Turati, l’allenatore artefice del gioco offensivo che ha stregato la Serie D, non ha dubbi:
«È un genio. Gli ho detto “facci divertire” ed è stato uno show. Non me lo faccio scappare. E la squadra sarà rinforzata, sicuramente all’altezza della categoria».
Siracusano d’adozione

Il Comune sta pensando di conferirgli la cittadinanza onoraria. La motivazione recita:
“Non è stato soltanto protagonista di una promozione sportiva, ma di un sentimento collettivo che ha riacceso il fuoco della passione calcistica tra le generazioni”.

E lui? Come si sente?
«Ho i capelli colorati, la sinusite, il mal di testa e il raffreddore. Ma è la febbre più piacevole della mia vita».