In una delle pagine più amare della stagione calcistica siciliana, la Regina Mundi ha deciso di non presentarsi alla finale playoff del girone A di Promozione contro il Montelepre, una scelta che ha fatto rumore e sollevato interrogativi su quanto accaduto dietro le quinte del club palermitano. A fare chiarezza è stato il capitano Marco Clemente, che in un’intervista rilasciata a Salvatore Matranga per il Giornale di Sicilia ha raccontato con lucidità e amarezza le ragioni che hanno portato la squadra alla clamorosa rinuncia
«Non sono solo problemi di liquidità ma dipendenti dalla volontà della società che hanno impiegato della stessa adempienze nei tempi previsti agli impegni assunti con i tesserati e i collaboratori tecnici. Non usa giri di parole Marco Clemente, capitano della Regina Mundi nel descrivere, anche a nome dei compagni di squadra, la situazione che si è venuta a creare all’interno del club e culminata con la mancata presentazione in campo dei bianco blu in occasione della finale play-off del girone A del campionato di Promozione con il Montelepre.
Se non sono problemi di natura economica perché non siete scesi in campo ieri a Montelepre?
«Non siamo scesi in campo per rispetto degli avversari e di una situazione diventata ormai insostenibile. Oggi (ieri per chi legge, ndr) mi trovo a Montelepre anche a nome dei miei compagni per chiedere scusa agli avversari. Giocare avrebbe significato rinviare i problemi di altre settimane».
A cosa si riferisce?
«È una situazione che va avanti dal mese di novembre e che si è acuita negli ultimi giorni con scelte che ci hanno messo alle corde della società che si è cambiata in quanto non possedendo tuttora un impianto dove potere svolgere in serenità allenamenti e mandare avanti la stagione senza soffrire ogni giorno».
Quindi a luglio scorso non c’erano le condizioni per rivedervi ancora in Promozione?
«Sì, uno sforzo dicevo. Ma se il tutto si deve avere un’organizzazione di tale nome. Nelle ultime partite la società è stata totalmente assente. Solo il dirigente ci accompagnava e ci ha seguito».
Come eravate organizzati, riuscivate ad allenarvi?
«Avevamo solo l’allenatore Cipolla che ci seguiva. Per il resto mancavano tutto: staff medico e di fisioterapia che di consueto serviva a spese proprie di tutti i gruppi giovanili. Questo ha fatto sì che un infortunio serio eravamo noi a curarlo. Il dirigente è stato davvero l’ultimo che ci è rimasto accanto. Per fronteggiare alcune partite importanti abbiamo ripiegato sullo stadio delle palme perché la società ci aveva comunicato l’indisponibilità di campi idonei per l’allenamento».
Quindi non sono solo problemi economici?
«La situazione, che va avanti da novembre, si è aggravata. Non c’era lo staff medico: ci siamo curati e pagati da soli le spese».
Siete rimasti soli con il necessario abbandono?
«Praticamente sì, e all’ultimo la società in mancanza di risorse non pagavano perché ci aspettavano».
Alla fine si doveva trovare un colpevole?
«Sì, alla fine siamo diventati noi oggetto di contestazione per demeriti nostri e questo non potevamo accettarlo».