Il successo in rimonta sul campo della Sancataldese (1-3), arrivato nella seconda giornata di Serie D, avrebbe dovuto rappresentare un segnale importante per il Messina. Tre punti di valore tecnico e morale che danno continuità al pari con l’Athletic Palermo e consentono di ridurre ulteriormente la pesante penalizzazione, ora a -10. Ma la decisione della sezione fallimentare del tribunale di Messina ha inevitabilmente oscurato la gioia sportiva.
Secondo quanto riportato dalla Gazzetta del Sud. Il collegio presieduto dal giudice Ugo Scavuzzo ha infatti disposto la liquidazione giudiziale dell’Acr Messina, accogliendo la richiesta della Procura e rigettando la proposta di piano di rientro presentata dai legali della società. Nella sentenza i giudici sottolineano «uno stato di insolvenza irreversibile», evidenziando debiti per oltre 3,1 milioni di euro a fronte di un attivo di circa 2,7 milioni e liquidità ridotte a 19mila euro.
La curatrice fallimentare, l’avvocata Maria Di Renzo, avrà ora il compito di garantire – se possibile – la prosecuzione dell’attività sportiva, dialogando con il giudice delegato Daniele Madia. Potrebbe essere concesso un “esercizio provvisorio” per evitare l’esclusione immediata dal campionato e, parallelamente, verrà predisposto un inventario dei beni in vista di un’eventuale asta pubblica. La prossima udienza sullo stato passivo è fissata per il 13 gennaio 2026.
Nel frattempo, al “Marullo” i giocatori torneranno ad allenarsi sotto la guida di Pippo Romano (4 punti in due gare), ma in un clima di grande incertezza. «Bisogna capire in quale situazione si potrà andare avanti», è il pensiero diffuso nello spogliatoio, mentre la curatrice dovrebbe chiedere il rinvio delle prossime due gare per consentire un minimo di chiarezza sul futuro.
Con la liquidazione giudiziale si chiude definitivamente l’era Sciotto-Alaimo-Cissè: una gestione caratterizzata da promesse mancate e improvvisazioni, che ha portato a un epilogo amaro e umiliante per la città.