Dell'Orzo a GS.it: «In Sicilia poche strutture. Ho portato Francofonte alla Juve e Angileri...»
Le esclusive di Goalsicilia.it-il procuratore ci parla della situazione del calcio giovanile siciliano
Ex giocatore del Palermo, una vita tra Eccellenza e serie D con tra le altre Orlandina e Tiger, un presente dedicato ai giovani. Pietro Dell'Orzo, smessi i panni da calciatore, oggi lavora con i ragazzi ed è senza dubbio uno dei giovani procuratori siciliani in rampa di lancio. Con lui abbiamo fatto una chiacchierata sul calcio siciliano e su alcuni dei suoi assistiti. Queste le sue parole in esclusiva a Goalsicilia.it.
Terminata la carriera di calciatore, come mai la scelta di intraprendere il percorso da procuratore e non magari quello da allenatore?
«Le mie esperienze negative da giocatore con i procuratori mi hanno portato a fare questa scelta. Un agente deve stare vicino al ragazzo, supportarlo moralmente, credere in lui anche dopo annate negative. Io sono sempre schietto con loro e con i genitori, tutti vorrebbero sentirsi dire "Tuo figlio è da serie A", ma spesso non è così, si deve fare la gavetta».
Quanto è difficile fare calcio in Sicilia?
«In Sicilia in primis abbiamo strutture sportive fatiscenti e abbiamo poche società professionistiche. Per noi addetti ai lavori non è facile perché per andare a vedere le partite dobbiamo viaggiare per chilometri».
È complicato per un giovane calciatore siciliano emergere ed arrivare al calcio che conta?
«Io penso che emergere nel calcio che conta sia difficile, non solo per noi siciliani, ma in generale. Per arrivare a certi livelli devi essere forte mentalmente. Questa forza mentale la puoi ottenere grazie al lavoro di diverse componenti: il settore giovanile che forma calcisticamente il ragazzo, l'educazione morale della famiglia e, ultimo ma non meno importante, la figura dell'agente. Per un giovane non deve essere visto come quello che ti fa diventare giocatore ma come un professionista che insieme alla famiglia aiuta il ragazzo a coltivare le proprie qualità, a non montarsi la testa, ad avere il culto del sacrificio e a fare le scelte giuste. Spesso devi "mentalizzare" i genitori, per me è fondamentale instaurare un ottimo rapporto con loro».
Uno che “ce l'ha fatta” è Francofonte. Ci racconti com'è nato il passaggio dal Trapani alla Juventus?
«Nicolò lo vidi giocare per la prima volta in un provino a Borgetto: lo notai subito e contattai la famiglia. A Trapani in due anni è cresciuto tanto caratterialmente guadagnandosi anche la convocazione in Nazionale. L'anno scorso vidi il ds Paratici e gli dissi: "Fabio devi prendere questo ragazzo, è da Juve". Prima di partire e ogni giorno ricordo a Nicolò che questo non è un punto d'arrivo ma di partenza».
Snobbato dal Milan, ora Ferrario ha un'altra grande opportunità al Sassuolo. Come è entrato il calciatore in orbita neroverde?
«Francesco ha un carattere molto determinato e focoso. Il Milan non ha creduto in lui dopo 8 anni trascorsi nel loro settore giovanile. Lui era molto giù, andai a trovarlo in un paesino vicino Como e gli dissi di portare una maglia del Milan; gliela feci firmare con la promessa che appena avesse esordito in A l'avrei mandata a Galliani. Dagli Allievi del Milan lo portai in D alla Vibonese perché sapevo che avrebbe retto il confronto. Quest'anno ha fatto la Nazionale dilettanti e 10 presenze in D. Il nostro percorso è stato premiato e adesso ha firmato con la Primavera del Sassuolo voluto dal ss Palmieri che lo ha seguito all'Arco di Trento con la Nazionale».
Altro talento della tua scuderia è Angileri, giovane palermitano nel giro della Nazionale di categoria.
«Angileri è un giocatore importante, ormai è un pilastro del Palermo e della nazionale Under16. Nell'ultima apparizione contro la Svizzera è stato anche il capitano. È un difensore con i piedi da trequartista, merce rara di questi tempi».
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Posso dirti che in parte ho realizzato il mio sogno: aiutare i giovani calciatori ad avere le opportunità per dimostrare il loro valore. In futuro mi piacerebbe continuare a lavorare con i giovani magari in un settore giovanile professionistico che abbia un progetto serio e voglia d'investire sui ragazzi».
Cosa consigli ai giovani aspiranti calciatori?
«I giovani devono capire che, per diventare giocatori, oltre le qualità calcistiche devono diventare uomini, avere rispetto dell'avversario, del mister e dei loro compagni. Devono crescere con la mentalità che lavoro e sacrificio abbinate alle qualità alla lunga pagano anche se emergere è veramente dura. Devono credere nei loro mezzi e non pensare che giocano solo i raccomandati o grazie ai procuratori. Purtroppo il marcio c'è ovunque ma se togliamo a chi ama il calcio pulito anche la possibilità di sognare e di sperare siamo finiti».