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Mascara a GS.it: ‘’Dai mercatini alla Champions. Ora alleno e mi ispiro a Zenga, Mihajlovic e Marino’’

Mascara a GS.it: ‘’Dai mercatini alla Champions. Ora alleno e mi ispiro a Zenga, Mihajlovic e Marino’’


Le esclusive di Goalsicilia.it-L’ex giocatore che ora ha preso il patentino Uefa A per fare il tecnico.

Classe 1979, nella sua carriera durata circa 20 anni ha giocato oltre 500 partite segnando 150 gol e facendo sognare tante tifoserie. Ci riferiamo a Giuseppe Mascara, che di certo non ha bisogno di presentazioni, ma che da poco tempo ha ottenuto il tesserino di allenatore Uefa A. Abbiamo ripercorso la sua carriera e parlato di futuro, queste le sue parole a Goalsicilia.it.

Peppe, parto dagli albori, ti dico un nome: Emanuele Massari...

“Il mister è stato un punto di riferimento per tutto il periodo della mia adolescenza. Mi ha visto mentre giocavo con le giovanili del Comiso e mi ha portato a Ragusa facendomi giocare nel campionato Interregionale anche se avevo appena 16 anni”.

Quando hai cominciato a credere che avresti fatto il calciatore di professione?

“Fino a 17 anni circa lavoravo con papà, facevamo i mercati. Un giorno ci siamo seduti e insieme abbiamo deciso che mi sarei dato un ultimo anno di possibilità. Se ce l’avessi fatta, bene, altrimenti avrei continuato a lavorare, giocando solo per passare il tempo. Continuai a lavorare i primi tempi, però solo al mattino, così nel pomeriggio anziché caricare il camion ero un po’ più libero per dedicarmi al calcio”.   

Insomma il “piano B”, se non avessi fatto il calciatore...

“Avrei continuato a fare i mercati, l’ambulante (ride, ndr)”.

A 18 anni lasci la Sicilia e vai a Battipaglia...

“La prima esperienza da calciatore vero, mi acquisto la Battipagliese che giocava in C1. Poi la vera esplosione ad Avellino”.

Esperienza a Palermo...

“Ero partito a bomba, sette partite in Serie B e 7 gol. Poi ahimè in un’amichevole infrasettimanale mi ruppi il malleolo. Avevo 20 anni e di fatto mi sono ritrovato col culo per terra, anche perché a quell’età non sei ancora forte mentalmente per reagire. Per tornare al top ho impiegato più tempo di un ragazzo di 24/25 anni. Insomma nei due anni rosanero giocavo e non giocavo, tante difficoltà, ma per fortuna mi sono rimesso in carreggiata e sono ripartito”.

L’esperienza a Catania, forse la più importante della tua carriera...

“È stata la mia carriera, senza mezzi termini. Sono stato un anno, poi Gaucci mi ha portato a Perugia e sono tornato. Ho vissuto la promozione in A e sei anni di massima serie uno più bello dell’altro, che mi hanno consacrato sia come calciatore che come uomo”.

C’è qualche momento calcistico che ricordi con piacere?

“Sicuramente la partita col Mantova, non per la tripletta, ma perché con quei tre punti balzammo in testa e ci rimanemmo per andare in Serie A. Se devo scegliere un gol ti dico quello al ‘Barbera’. Non solo per la bellezza, ma anche perché come ben sappiamo quella è una partita sentitissima dalle tifoserie, segnare un gol da centrocampo e vincere 4-0 in casa loro è stato stupendo”.

Te l’avranno chiesto in tanti, ma come si fa a pensare di calciare da centrocampo? Magari sapevi che Amelia stava qualche metro più avanti...

“No, credimi, è solo istinto e per fortuna è andata bene. Era tra le mie corde il calciare da ovunque mi trovassi, quindi non era una cosa che calcolavo. È stato bello”.  

Esordio in Nazionale contro l’Irlanda...

“Al momento dell’Inno di Mameli mi mancava l’aria, quel minuto è stato il più intenso della mia carriera, l’ho vissuto in apnea. Per carità era un’amichevole, ma giocare per la propria nazione è il sogno di ogni calciatore. Essere convocato da mister Lippi, anche se giocavo in una piccola società che poi negli anni è diventata grande, è stato bello”.

L’addio al Catania ha fatto rumore...

“Mi è dispiaciuto andare via da Catania, ma i treni nella vita passano una volta sola. Mi ha urtato passare per quello che ha abbandonato la nave, ma tante vicissitudini mi hanno portato all’addio alla maglia rossazzurra che non sto qui a spiegare. È andata così e amen”.

Problemi con la società o con il mister dell’epoca?

“No, davvero preferisco non parlarne”.

Approdi a Napoli ed esordisci anche in Champions...

“Dopo l’esordio in Champions credo che la mia carriera sia stata al completo. Serie A, Nazionale, Coppa dei Campioni, non mi posso lamentare (ride, ndr). Io so cosa significa lavorare e fare sacrifici, perché ne ho fatti, quindi per un calciatore come me è stato il raggiungimento di un sogno”.

Poi vai a Dubai con Zenga...

“Altra cosa straordinaria. Tutti ne parlavano benissimo per esserci stati in vacanza, io ho avuto la possibilità di viverci e giocare lì. Un’annata meravigliosa, sia per me che per la mia famiglia. Vivere il quotidiano di quel posto non è come starci qualche giorno in ferie, ne è stravalsa la pena”.

Alla fine della tua carriera Siracusa...

“Sono arrivato ad un certo punto in cui mi sono detto che era arrivato il momento di dare una stabilità ai miei figli. Quindi ho scelto di tornare a casa, c’era un progetto serio con persone valide e ho contribuito nel mio piccolo al ritorno in Serie C degli aretusei. Poi mi sono rotto il ginocchio e non sono uno che guarda ai soldi. Ho chiamato il presidente e gli ho detto che era il caso di interrompere il rapporto perché avrei perso tempo a recuperare e con quei soldi poteva prendere qualcun altro al mio posto per vincere il campionato”.

Poi Scordia e la decisione di appendere gli scarpini al chiodo...

“Sono sincero, per recuperare dall’infortunio al ginocchio ho lavorato tantissimo. Ero arrivato a pesare 69 chili come ai tempi d’oro del Catania, questo mi ha logorato soprattutto mentalmente così a fine stagione ho detto stop”.

L’anno scorso prima esperienza in panchina con l’Under 15 del Catania...

“Altra esperienza bellissima. Abbiamo vinto il nostro girone e siamo arrivati in semifinale nazionale. Esperienza stupenda, anche se all’inizio ero un po’ scettico. Avere a che fare con i ragazzini non è come allenare gli adulti, tra l’altro nello spogliatoio c’era anche mio figlio e ho capito i problemi reali che può avere un 14enne a vivere il calcio tra scuola, orari, allenamenti, famiglia, e così via”.

Cosa significa avere questo patentino Uefa A?

“Sinceramente voglio fare l’allenatore. Ho tanta voglia, tante motivazioni e tanta passione per questo sport magnifico che è il calcio”.

Hai avuto tanti allenatori a chi ti ispiri?

“A Marino dal punto di vista del gioco, insegna calcio. Poi a Mihajlovic per la grinta e il carattere che trasmette ai giocatori. Infine Zenga per la serenità che trasmette anche nei momenti di altissima tensione. Una citazione la faccio anche a Giampaolo, purtroppo l’ho vissuto per poco tempo ma è uno stratega, uno che cura i dettagli fino al più particolare”.

Cosa ti piacerebbe allenare?

“A me interessano i progetti, non la categoria. Vorrei avere a che fare con persone serie che amano il calcio, che non sperperino i soldi ma facciano le cose per bene”.

Qualche approccio c’è già stato?

“Qualche contatto c’è stato in Serie D, ma il campionato è iniziato da poco, vedremo”.

Io ci provo, chi ti ha contattato?

“Lo sai, non te lo dirò mai (ride, ndr). Al massimo ti posso dire che c’è stata qualche siciliana e qualche non siciliana, va bene? (ride, ndr)”. 

Dario Li Vigni
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