Logo Goalsicilia
Eccellenza A
Kouyo a GS.it: ‘Campofranco seconda casa. Mia vita è calcio e cinque figli, quando giocavo con Yaya Tourè...’

Kouyo a GS.it: ‘Campofranco seconda casa. Mia vita è calcio e cinque figli, quando giocavo con Yaya Tourè...’


Le esclusive di Goalsicilia.it-Il capitano ivoriano dei giallorossi.

Abbiamo fatto il punto della situazione con Arnaud Kouyo, difensore ivoriano e uomo simbolo dell’AtleticoCampofranco che domenica sarà impegnato nei play out per salvare la categoria. Al centrale scuola Lecce abbiamo chiesto sì del momento attuale, ma anche ripercorso il passato. Queste le sue parole a Goalsicilia.it.

Arnaud, con che spirito vi siete preparati a questo spareggio che giocherete domenica?

“In quest’ultimo periodo ci siamo allenati bene, adesso siamo carichi e vogliamo salvarci”.

È stato difficile aspettare tutti questi giorni per giocare?

“Molto, soprattutto a livello mentale. Sapevano che si giocava giorno X, domani ci dicono che è spostata a giorno Y, poi ancora rinviata. Vuoi o non vuoi è difficile mantenere la tensione alta, ma noi ci siamo riusciti anche se non è stato facile”.

Come valuti il vostro campionato?

“Potevamo fare sicuramente molto meglio. Tuttavia abbiamo avuto alcuni problemi che ci hanno un po’ tagliato le gambe nel corso della stagione. Dalla squalifica del campo per cinque turni, alla tragedia del dirigente che ci ha lasciato. Per queste cose penso non meritiamo di stare là sotto”.

Facciamo un salto molto indietro. Nasci 33 anni fa ad Abidjan in Costa d’Avorio. Quando inizi a giocare a calcio?

“Beh là il calcio è quotidiano. Ti alzi la mattina, chiami gli amici, prendi un pallone e via a giocare per ore per strada. Davanti casa dei miei genitori c’era un bello spiazzo e giocavamo lì”.

A quanti anni hai giocato in una squadra?

“Beh diciamo che in Costa d’Avorio non ho mai giocato in una squadra vera e propria”.

Allora come sei arrivato in Italia?

“Andavo a scuola e c’era un allenatore di una scuola calcio che mi conosceva. Mi ha detto che stavano arrivando a visionare un po’ di ragazzi Pantaleo Corvino (ds del Lecce, ndr) e company. Gli sono piaciuto e mi hanno preso. Sono arrivato in Italia a 16 anni”.

Ti chiami Arnaud, in quanti sbagliano la pronuncia?

“Credo che 1 su 50 azzecca quella giusta (ride, ndr). C’è chi mi chiama Arnun, chi Arnold come Schwarzenegger. Io mi giro comunque, ormai sono abituato. La corretta pronuncia è Arnoù (ride, ndr)”.

È stato difficile ambientarti?

“Non è stato facile. Ero un ragazzino, non parlavo la lingua, la famiglia era lontana e non c’erano i mezzi di comunicazione che ci sono adesso. Insomma mi sono ritrovato in un altro mondo. Però ho bei ricordi perché con il Lecce Primavera abbiamo vinto due Scudetti, una Supercoppa ed una Coppa Italia”.

Hai esordito in serie A a Verona col Chievo...

“Vincevamo 3-2 quando sono entrato in campo, ero un ragazzino di poco più di 18 anni, quindi l’emozione era enorme. Avevo un unico diktat che era quello di non sbagliare nulla”.

Il mister era un certo Delio Rossi...

“È una persona che mi ha fatto crescere tanto, sia sul piano calcistico che su quello umano. Mi ha fatto giocare come terzino destro, anche se io ero un centrale, insegnandomi tante cose che mi ritrovo tutt’ora. Un vero maestro, un papà che spiegava qualcosa al proprio figlio...”.

In quel Lecce avevi compagni importanti, come Bojinov e Vucinic...

“Beh sì, ma non solo loro. Tanti altri giovani come Konan, Ledesma, Bovo, Abruzzese. Era un bell’ambiente, un gruppo forte. Abitavamo nello stesso albergo, quindi stavamo sempre insieme. Tutt’oggi sento spesso Chevanton e Giacomazzi”.

Poi sei andato in prestito in Belgio...

“Esatto. Lì c’era Sergio Brio e andava tutto bene, poi lo mandarono via e cominciò un calvario. Il nuovo mister non mi faceva giocare e addirittura adattava un centrocampista mancino al mio posto”.

Poi altri Repubblica Cesa, Svizzera, mentre eri ancora di proprietà del Lecce. Come mai i salentini non ti hanno richiamato?

“Mi richiamarono, ma Corvino era andato già a Firenze e subentrò uno che non voglio ricordare come si chiama (ride, ndr). Abbiamo avuto qualche battibecco, loro volevano girarmi di nuovo in prestito dopo l’esperienza con la Juve Stabia, ma ho deciso di rescindere e tornare in Costa d’Avorio”.

Sei rimasto fermo più di un anno...

“Sì, non ho giocato completamente. Mi era anche nato il secondo figlio e quindi ho staccato un po’. Poi sono tornato a Tricase gli ultimi mesi del campionato 2008/2009. Quando hai dentro il calcio, ti manca, ed ho deciso di tornare”.

Hai giocato anche con la nazionale del Costa d’Avorio Under 20...

“Bellissima esperienza. Giocavo con un certo Yaya Tourè che penso si conosca un pochino (ride, ndr). Era un fenomeno già allora, una bestia”.

Arrivi a Campofranco nel 2011, stai un paio di stagioni, poi vai via e torni due anni fa. Insomma è il posto dove sei stato più tempo...

“Sì, insieme a Lecce. Ci sono in comune i colori giallorossi (ride, ndr) e mi trovo molto bene. Infatti ho tutta la famiglia qua”.

L’obiettivo è restare qui?

“Non ho obiettivi, anche perché le parole se le porta via il vento. Qua si sta bene, la gente ti rispetta, sento l’affetto e non vedo nessun motivo per cui dovrei andare via”.

Hai visto cosa è successo a Muntari?

“Purtroppo non è la prima volta che succede. La prima volta una decina d’anni fa, ricordo che successe una cosa simile al mio grande amico Zoro che giocava nel Messina. Penso che la gente che fa queste cose non è definibile né tifosa, né per bene. Io la prendo con filosofia, perché credo che gli stessi che fischiano e fanno i ‘buu’ perché siamo neri, poi vanno al mare per diventare come noi...”.

Tu hai subito qualche episodio di razzismo?

“Sì, quando giocavo nel Lecce proprio a Cagliari o in Repubblica Ceca. Qui ti devo dire mai, né per strada, né in campo. Penso sia dovuto anche al fatto che mi so comportare, il mondo è pieno di deficienti e se tu gli dai la possibilità di mancarti di rispetto, lo faranno”.

Il tuo obiettivo è tornare in Costa d’Avorio o restare in Italia in futuro?

“Il mio unico obiettivo è far stare bene i miei figli, starò dove potrò garantire loro un futuro. L’Italia è la mia seconda casa, di fatto sono qui da una quindicina d’anni”.

Cosa fai fuori dal mondo del calcio?

“Beh, sono papà da 13 anni e ho cinque figli, l’ultimo ha sette mesi. Secondo te cosa faccio? (ride, ndr). A casa mia non ci si annoia”.

Cosa avresti fatto se non avessi fatto il calciatore?

“Sono sincero, vivevo al momento, non pensavo al domani. Ovviamente da quando ho una famiglia qualcosa è cambiato, ma se non facevo il calciatore non so cosa avrei fatto”. 

Dario Li Vigni
I contenuti vengono rilasciati sotto licenza Creative Commons CC-BY 4.0

Può interessarti anche...

GoalSicilia.it © 2024 di Marcello Masotto - via G. Savonarola, 60 – 90135 Palermo – P.I. : 06659860826
Testata giornalistica telematica sportiva iscrizione n.3520/2018 al registro stampa del tribunale di Palermo
Direttore responsabile Dario Li Vigni
Loading...