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Favara, Cordaro a GS.it: ‘’Fatta impresa, manca ciliegina. Darò addio, il calcio a 5...’’

Favara, Cordaro a GS.it: ‘’Fatta impresa, manca ciliegina. Darò addio, il calcio a 5...’’


Le esclusive di Goalsicilia.it-il fantasista gialloblù.

È uno dei giocatori più talentuosi dell’EccellenzaA e ha trascinato la suq squadra ad un girone di ritorno pazzesco che ha portato a mancare la salvezza diretta per un gol. Parliamo di MarianoCordaro, uomo simbolo del Pro Favara, che ai play out darà l’addio all’ambiente favarese. Queste le sue parole a Goalsicilia.it.

Mariano, come si vive questa assurda attesa in vista del play out?

“Si vive malissimo. Ci stiamo allenando in maniera discontinua, perché ovviamente tutte le società, non solo la nostra, sono in difficoltà per quanto riguarda il discorso economico. Con questo scherzetto le società di fatto hanno maturato un’altra mensilità di rimborsi, non è facile”.

Secondo te come si poteva risolvere questa situazione?

“Si poteva risolvere intanto accelerando i tempi. Poi secondo me bisognava comunque andare avanti con le partite, a prescindere dai ricorsi. Per esempio c’è stata la vicenda Paceco, con il giocatore che ha giocato a quanto pare pur non potendo, ma il campionato è andato avanti comunque. Per me dovevano fare la stessa cosa anche per i play out”.

Voi negli ultimi due mesi avete fatto sei vittorie e un pareggio. Cosa è cambiato?

“Ad inizio stagione avevamo giocatori, validissimi per carità, che però non avevano stimoli. Penso siano venuti qua perché non avevano alternative, quindi non con lo spirito giusto, ecco che quando si è presentata la possibilità di andare via l’hanno colta al volo. Sulla carta avevamo una rosa di tutto rispetto. Lo dimostra il fatto che chi se ne è andato, ha fatto bene da altre parti. Chi è venuto a dicembre sapeva bene che eravamo in fondo, quindi venendo qua lo ha fatto con la consapevolezza e la voglia di salvarsi”.

Avete cambiato anche allenatore dopo qualche mese...

“Sotto questo punto di vista è cambiato poco secondo me. Mister Longo rimane uno dei migliori allenatori, e uomini, che c’è in circolazione. Noi calciatori siamo stati malissimo quando ha deciso di andar via, per noi è eccezionale. Mister Balsamo è più o meno lo stesso prototipo, scuola Zeman anche lui e grandi qualità umane”.

Avete fatto 30 punti nel girone di ritorno. Forse neanche voi ci avreste scommesso...

“Sbagli, tengo a puntualizzare che in primis ci abbiamo creduto proprio noi, giocatori e allenatore. Devo dire che la società inizialmente ci aveva fatto capire che era pessimista. Nonostante le difficoltà e tutto, siamo riusciti a giocarci i play out in casa e se avessimo fatto un gol in più alla Nissa saremmo già salvi. Il rammarico c’è, ma è relativo, perché tre/quattro mesi fa eravamo spacciati. Abbiamo fatto un’impresa anche migliore di quella dell’anno scorso”.

Hai annunciato che sarà la tua ultima partita. Ma di calcio giocato?

“Impossibile (ride, ndr). Io giocherò ancora per tanti anni, magari scendendo di categoria. Ho fatto questa scelta perché se dovessi restare ancora a Favara, dovrei sacrificare il mio lavoro, la scuola calcio. Devo cominciare a fare qualcosa di più solido per il futuro, aspetto il secondo figlio e i presupposti per fare calcio sono cambiati. Per il nome che porto, in questo paese, è diventato pesante fare questo campionato. Sono felicissimo di stare qui eh, ma devo fare qualcosa per migliorare dal punto di vista lavorativo il mio tenore di vita”.

Quindi non vuoi smettere di giocare, ma quali sono i progetti?

“Smettere è impossibile, io vivo per questo (ride, ndr). Quest’anno mi sono allenato poco, un po’ per le circostanze, un po’ per qualche infortunio che non avevo mai avuto in carriera. Infatti ho giocato spesso con le infiltrazioni, e senza allenarmi bene durante la settimana. Con la giusta preparazione posso dire la mia sul campo ancora qualche anno. Voglio dedicarmi meglio ai ragazzini della scuola calcio e magari cominciare a pensare di fare l’allenatore”.

Quindi l’addio è più una questione di libertà e responsabilità...

“Esatto. Soprattutto di libertà, ma anche di responsabilità. Spesso queste diventano un peso perché quando c’è bisogno spuntano, nel caso contrario sei uno come gli altri. Preferisco cambiare e dare alla mia famiglia il tempo che gli spetta”.

C’è la possibilità che il prossimo anno farai quindi allenatore/giocatore?

“Mi ha già contattato qualche società per propormelo, ma voglio distinguere i due ruoli. Se dovessi accettare di allenare farei solo quello. Continuare a giocare ok, ma non a Favara e neanche in Eccellenza. Non che io abbia voglia di scendere di categoria eh, ma mi si stanno prospettando parecchie cose di lavoro, per esempio sul calcio a 5”.

Addirittura calcio a 5?

“A me piace tantissimo, infatti in questo momento sono impegnato nelle fasi regionali della Gazzetta Cup. Parliamoci chiaro, basta che ci sia una palla io gioco anche sui tetti (ride, ndr)”.

Più volte hai definito questo campionato, escludendo un paio di squadre, un circo o una banda...

“Sì, è così. Essendo adulto, calcisticamente parlando, ho avuto la fortuna di vivere questo calcio anche in passato ed a livello professionistico. Non ci sono più i presupposti per fare i campionati di una volta, il livello è scarso. Non mi riferisco solo al livello tecnico-tattico, ma anche di programmazione e societario. Ci sono ancora piazze importanti che pensano di poter fare calcio come una volta, ma non arrivando al 50% dei mezzi che c’erano all’epoca”.

A che ti riferisci?

“Non solo all’aspetto economico eh. Ci sono squadre che a fine anno devono ancora ai ragazzi 4/5 mesi di rimborsi, sugli 8 totali. Il massaggiatore in un sacco di società non c’è. Il preparatore atletico è una figura che è scomparsa. Ci sono 2000 ragazzi siciliani che hanno studiato per farlo, ma non gli si concede la possibilità di lavorare se non gratis”.

Se dovessi fare un paragone pratica tra il calcio di anni fa e quello di oggi?

“Io ho fatto esperienze in Eccellenza per esempio con Akragas, Alcamo e Nissa dove ho vinto tutto quello che c’era da vincere. Quando dovevamo a giocare in un posto che distava un paio d’ore, si andava in ritiro il sabato. Poi si preparava la partita per bene durante la settimana, avevamo uno staff completo, inclusi medici e preparatori. Curavamo l’alimentazione, si stava parecchio insieme per fare gruppo. Sì, eri in Eccellenza, ma facevi il professionista”.

Oggi è cambiato tutto...

“Ecco perché ci definisco una banda. Ci sono ragazzi che per amore di questo sport si accontentano, soffrono, fanno sacrifici, con l’unico scopo di recuperare quello che gli spetta. Se tu togli Paceco, Troina e forse qualcun altro, in tutti gli spogliatoi di girone A e B sentirai sempre gli stessi discorsi ‘Tu quanti mesi devi prendere?’. È disarmante, questo non è fare calcio. È vero che tutto è cambiato, sia a livello economico che di leggi per quanto riguarda il fatturato, noi giocatori capiamo tutto, ma se io faccio il presidente oltre al titolo devo avere i mezzi”.

Neanche le dirigenze sono quelle di una volta...

“Se io sono un presidente, ma poi non rispetto gli impegni, non sono degno del titolo che porto. Se io faccio il direttore sportivo, ma poi chiamo Mariano Cordaro o Tizio e Caio per prendere i giocatori, non sono un ds. È pazzesco. Poi magari allontanano persone che sono professionisti, solo perché è tutto dovuto e deve essere tutto gratis”.

Dario Li Vigni
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