Caso Trapani, Binda netto: «Le regole non sono un’opzione»

316

«È inutile continuare a fare proclami e sparate: bisogna rispettare le regole». Nicola Binda va dritto al punto e lo fa senza giri di parole intervenendo sul caso Trapani, al centro di polemiche sportive e istituzionali. Ospite del programma TR3Sport, condotto da Serena Giacalone su La Tr3, il giornalista della Gazzetta dello Sport ha analizzato con lucidità una situazione che coinvolge calcio, basket e soprattutto la credibilità di una piazza storica.

Per Binda il concetto è semplice e non negoziabile: «Se rispetti le regole puoi stare tranquillo e fare la tua attività. Nessuno ti chiede di portare il Trapani Calcio in Serie A, ma basterebbe una gestione dignitosa in una categoria prestigiosa come la Serie C». Quando invece si prova ad andare oltre le proprie possibilità, «le conseguenze arrivano ed è giusto pagarle», ribadisce Binda, richiamando il principio cardine del rispetto dei regolamenti federali, come sottolineato anche dal presidente Petrucci nei recenti comunicati ufficiali.

Il giornalista della Gazzetta dello Sport, intervenendo a TR3Sport, ha poi allargato il discorso alla reazione della tifoseria, sempre più critica nei confronti del patron Valerio Antonini. I cori di contestazione, il clima teso al PalaShark e un entusiasmo ormai svanito sono il segnale di una frattura profonda. «Trapani è una piazza che era stata sedotta», spiega Binda, usando una metafora efficace: «È come conquistare una ragazza con regali, gioielli e promesse e poi dirle che si torna a mangiare un panino perché non ci si può permettere quel tenore di vita».

Secondo Binda, il punto non è solo sportivo ma emotivo. «Qui non parliamo di aziende che producono bulloni o lampadine, ma di club che vivono di passione e trasferiscono emozioni». Ed è proprio per questo che la delusione pesa più delle sconfitte: quando emergono irregolarità, polemiche, inadempienze e battaglie fuori luogo, l’immagine del club viene danneggiata e il tifoso si sente ferito, tradito, spiega ancora il giornalista della Gazzetta dello Sport.

Il dissenso, per Binda, è comprensibile e legittimo, purché resti nei confini civili. «Quando si sconfina nella violenza si sbaglia, sempre». La protesta migliore, secondo il suo pensiero, resta quella pacifica: il dissenso, la scelta di non andare allo stadio o al palazzetto. Una rinuncia dolorosa, perché «vivere lo sport da casa non è la stessa cosa», ma preferibile a qualsiasi degenerazione.

Il messaggio finale è chiaro: vincere una partita non basta a ricostruire fiducia. Senza regole, senza coerenza e senza rispetto per la propria gente, anche i risultati perdono valore. E Trapani, oggi, sta pagando proprio questo scollamento tra sogno e realtà.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *